Aveva solo tredici anni la ragazzina che, nel giugno 2016, finì in overdose dopo aver assunto cocaina insieme ad Ayrton Bugeja, 28enne, riconosciuto oggi colpevole di aver condiviso la sostanza con la minorenne e condannato a due anni di reclusione con pena sospesa per tre anni, oltre ad una multa di 2.000 euro.
La vicenda risale alla notte tra il 23 e il 24 giugno 2016, quando la giovane uscì con un’amica per recarsi in alcuni locali a Paceville, concludendo la serata al “Clique”, dove incontrò Bugeja. Lì, secondo quanto emerso in aula, i due si sarebbero chiusi in bagno per consumare cocaina. Poche ore dopo, nella casa dell’amica a Birgu, la ragazzina si sentì male e perse conoscenza. Trasportata d’urgenza all’ospedale, le venne diagnosticata un’overdose da sostanze stupefacenti, circostanza che portò i medici ad allertare immediatamente la polizia.
Durante l’udienza, la giovane ha confermato di aver assunto cocaina offerta da Bugeja, parlando di «circa sedici strisce», pur precisando di non conoscerne il quantitativo esatto. La madre, sentita in aula, ha descritto la gravità delle condizioni in cui si trovava la figlia al momento del ricovero: «sembrava morta», ha dichiarato la donna aggiungendo che, una volta ripresasi, la tredicenne le avrebbe raccontato di essere stata drogata da ignoti con una sostanza versata nel bicchiere.
Secondo la difesa, la testimonianza della vittima presenterebbe alcune incongruenze rispetto alle dichiarazioni fornite in precedenza; inoltre sarebbe stata in compagnia anche di un uomo ben più grande di lei, sui quarant’anni, con il quale si sarebbe chiusa più volte in bagno. Dal canto suo, Bugeja ha negato di aver mai fatto uso di droga o di averla condivisa con la giovane, dichiarando di non averla mai incontrata prima di quella sera.
Di parere opposto, il tribunale ha ritenuto la versione fornita dalla ragazzina coerente e attendibile, rilevando invece contraddizioni nel racconto dell’imputato, che inizialmente aveva riferito di averla persa di vista per poi affermare di averla notata in compagnia di un altro uomo. Per la Corte, la condivisione della sostanza configura una forma di traffico di droga e giustifica la condanna.
Nel determinare la pena, il giudice ha considerato la gravità dell’episodio, l’età della vittima e il lungo intervallo di tempo trascorso tra i fatti e l’avvio del procedimento, tenendo conto anche dell’assenza di precedenti penali a carico dell’imputato.
(Immagine di repertorio)
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