È stata lanciata una petizione che, tra i vari punti, chiede l’applicazione rigorosa delle leggi in materia di animali pericolosi e il sequestro immediato di quattro leoni e un leopardo attualmente ospitati «in condizioni inadeguate» presso una struttura a Rabat. A promuovere l’iniziativa sono le associazioni Vuci ghall-Annimali e Animal Liberation Malta, che tornano a denunciare il luogo in cui vivono i felini e chiedono il trasferimento degli stessi in un rifugio all’estero dove possano ricevere cure adeguate in un ambiente dignitoso.
Gli attivisti chiedono anche una revisione più ampia delle normative, l’applicazione effettiva delle leggi, l’obbligo di sterilizzazione e visite veterinarie regolari, il rafforzamento del divieto di interazione diretta presso gli zoo, la creazione di un registro nazionale del DNA per monitorare gli animali pericolosi, e soprattutto il passaggio a una “lista positiva” di animali consentiti come da compagnia, che escluda le specie esotiche.
«Non possiamo permettere che questi animali vivano il resto della loro vita rinchiusi in gabbie inadeguate», ha dichiarato Althea Galea, portavoce di Vuci ghall-Annimali, «abbiamo bisogno di leggi più severe e di un’applicazione rigorosa».
La petizione – disponibile a questo link – nasce dal polverone sollevatosi nei mesi scorsi che ha messo sotto i riflettori le modalità di gestione degli animali esotici nel Paese. Tutto ha avuto inizio a fine dello scorso anno, quando le autorità scoprirono i cinque felini detenuti in una struttura abusiva e priva delle autorizzazioni previste dalla legge, nella zona di Naxxar. Sebbene gli animali, a detta dei funzionari governativi, apparissero in buona salute, il luogo non rispettava gli standard minimi in fatto di benessere animale.
In seguito, a inizio maggio, i felini sono stati trasferiti in una nuova struttura a Rabat, ma secondo le due Ong la situazione non è affatto migliorata. Video e riprese aeree diffusi sui social mostrano i grandi felini rinchiusi in recinti metallici privi di stimoli ambientali, senza erba né riparo, in un contesto che viene descritto come «una prigione di cemento armato».
Secondo gli attivisti, il trasferimento è avvenuto senza trasparenza e ignorando le offerte di collaborazione di Ong internazionali che si erano rese disponibili alla rilocazione all’estero respinte dalle autorità locali, che però dal canto loro dicono di non aver ricevuto proposte concrete.
Nonostante le rassicurazioni del ministro dell’Agricoltura e dei Diritti degli animali, Anton Refalo, che ha definito il nuovo sito «registrato e conforme agli standard di sicurezza», restano forti dubbi sull’effettiva idoneità della struttura. Nel frattempo, proseguono le indagini penali contro i responsabili della detenzione illegale degli animali pericolosi che, secondo la legge, rischiano sanzioni fino a 65.000 euro di multa e tre anni di carcere. Chi desidera firmare la petizione può farlo direttamente a questo link.
(photo credits: frame video Facebook / Vuci ghall-Annimali)
Il Corriere di Malta è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale e rimanere sempre aggiornato