La rimozione dei fiori e delle candele dal memoriale dedicato a Daphne Caruana Galizia di fronte al Tribunale a Valletta ha riacceso la tensione nel Paese, tanto che sul caso sono intervenute le ambasciate di Paesi Bassi, Irlanda e Germania, attivisti ed Ong e poi il Premier stesso, sebbene la pezza sia a quanto pare risultata peggio del buco. Protagonista del gesto: Neville Gafà, dipendente recentemente reintegrato al servizio dell’Ufficio del Primo Ministro e controversa figura da anni legata alla corrente laburista.
Il memoriale, composto da tributi deposti durante la veglia per l’ottavo anniversario dell’assassinio della giornalista – tra cui omaggi floreali provenienti proprio dalle tre ambasciate europee, ritrovati poco dopo nei cestini dell’immondizia nelle vicinanze – è stato smantellato da Gafà che ne ha pubblicamente rivendicato il gesto, parlando di «libertà di espressione» e di «difesa di un monumento nazionale». Gesti e dichiarazioni che hanno prima fatto indignare le medesime reti diplomatiche, eccezionalmente intervenute sulla vicenda, scatenando poi la rabbia di attivisti ed Ong sulla scia del comunicato rilasciato dall’Ufficio del Primo Ministro.
Le ambasciate: «Potete distruggere i fiori, non la memoria»
Durissima la risposta diretta sul fronte diplomatico, già di per sé rara su eventi interni maltesi. Le ambasciate di Paesi Bassi, Irlanda e Germania, i cui tributi sono stati rimossi, hanno pubblicato messaggi pubblici di condanna. «I vandali possono distruggere i nostri fiori, ma non il nostro sostegno alla memoria di Daphne. Quando uccidi un giornalista, non uccidi le sue storie» scrive la rappresentanza dei Paesi Bassi; «Potete rimuovere i fiori, ma non il nostro sostegno nel ricordare Daphne » afferma quella tedesca, mentre l’ambasciata d’Irlanda a Malta dichiara: «L’impatto di una persona si misura dalla capacità di turbare chi detesta verità e coraggio. Daphne ha un memoriale permanente a Dublino: è sempre visitabile».
L’ammissione di Gafà e l’attacco alle ambasciate: «Un dovere civico. Daphne rappresenta odio e divisione»
«Quel monumento onora il coraggio e la resilienza nazionale. Non può essere trasformato in un altare politico per glorificare una donna che ha rappresentato odio e divisione», ha scritto Gafà sul proprio blog, definendo Daphne Caruana Galizia, tra vari sprezzanti epiteti, una «hate blogger ed evasore fiscale», e promettendo che continuerà a rimuovere ogni futuro omaggio.
In un altro articolo al vetriolo pubblicato sul medesimo blog ha anche rilanciato contro i diplomatici europei accusandoli senza mezzi termini di interferenze politiche. In una delle ultime versioni del pezzo intitolato “Dear ambassadors Malta is not your playground“, prima modificato e ora rimosso, affermava: «Gli ambasciatori di Irlanda, Germania e Olanda hanno insultato il 90% dei maltesi che rifiutano l’eredità di Daphne Caruana Galizia. Nelle loro capitali nessun diplomatico oserebbe usare un monumento nazionale per fini politici. Malta non è il vostro parco giochi; questa non è diplomazia, è arroganza. Siete qui come ospiti, non come docenti. Il vostro dovere è rappresentare il vostro Paese, non intromettetevi nel nostro».
Neville Gafà era stato allontanato dal governo nel 2020 e recentemente reintegrato come consulente all’assistenza clienti presso l’Ufficio del Primo Ministro Abela. Nello stesso anno fu assolto dai tribunali maltesi dall’accusa di minacce al giornalista italiano Nello Scavo, a cui sui social si rivolse con queste parole: «Stop your dirty business. If not, we will be stopping you». Tramite il portale della Federazione nazionale stampa italiana, Scavo commentò la sentenza dichiarando: «Questo processo mi ha consentito di conoscere ancor più da vicino la realtà maltese e il clima di grave tensione e continua delegittimazione in cui i giornalisti dell’isola sono costretti a lavorare».
La replica del Premier: «Gafà agiva a titolo personale. Libertà di espressione per tutti»
L’Ufficio del Primo Ministro ha preso le distanze da Gafà, ma senza condannarlo apertamente o indicare eventuali provvedimenti nei suoi riguardi, in qualità di funzionario governativo. «Gafà ha agito a titolo personale. Non contro la memoria della giornalista, ma contro l’uso del monumento per fini non storici», ha dichiarato un portavoce.
Il governo ha paragonato il suo gesto alle azioni di Ong come Repubblika, che da anni utilizza il monumento come memoriale collettivo: «In una democrazia, la libertà di espressione vale per tutti».
L’ira degli attivisti: «Bullismo istituzionalizzato, Abela difende l’indifendibile»
La reazione degli attivisti non si è fatta attendere. In una dichiarazione dai toni durissimi, Occupy Justice ha definito «inconcepibile» che il capo del governo possa descrivere come libertà di espressione un gesto di ostilità verso la memoria di una giornalista assassinata.
«Serve davvero ricordare al nostro Primo Ministro che la libertà di espressione non significa poter dire e fare qualsiasi cosa? Esistono limiti, soprattutto quando si violano i diritti degli altri», scrive l’Ong secondo la quale, la rimozione dei tributi dal memoriale non aveva nulla a che vedere con la tutela del monumento nazionale, ma rappresentava piuttosto un «atto di bullismo istituzionalizzato», frutto di un «profondo odio» verso Daphne Caruana Galizia.
Gli attivisti hanno inoltre accusato l’Ufficio del Primo Ministro di cercare di sminuire il significato del luogo, ignorando la sentenza che conferì alla società civile il diritto di mantenere “vivo” il memoriale come forma di protesta permanente: «Quante volte il Premier ha fatto una scenata, consigliandoci di lasciare che le istituzioni facessero il loro lavoro? E poi, quando lo fanno, quando la magistratura emette una sentenza di 115 pagine che stabilisce che i manifestanti hanno il diritto di protestare, lui continua a ignorare completamente la sentenza. (..) Parla di ‘libertà di espressione per tutti’ e sceglie di proteggere l’autore del gesto invece di onorare, nell’ottavo anniversario dell’assassinio, la memoria della giornalista».
«Se il leader di una nazione sceglie la cecità morale invece dell’integrità, viene da chiedersi: chi tira davvero le fila?» conclude Occupy Justice, promettendo di continuare a presidiare il memoriale di Caruana Galizia «finché non sarà fatta giustizia».
Un monumento conteso, una memoria scomoda
Il memoriale di Daphne Caruana Galizia al monumento del Grande Assedio è diventato negli anni uno spazio simbolico di protesta civile. Più volte rimosso dalle autorità, è stato sempre ricostruito dai cittadini, forti della sentenza del tribunale che difese il diritto alla libertà di espressione.
Oggi, otto anni dopo, quel luogo continua a essere il cuore di una battaglia aperta: tra memoria e devasto, tra sete di giustizia, ipocrisia, impunità e giochi di potere.
(photo credits: Facebook / Occupy Justice)
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