Un tentativo di rapina finito nel nulla, dettato dalla disperazione e dall’abuso di droga, è costato una condanna con pena sospesa ad Antonio Mangion, 40 anni, riconosciuto colpevole di aver tentato un colpo all’interno di una panetteria a Tarxien, nell’ottobre 2021.
Il caso ha suscitato attenzione per le circostanze insolite e per il brusco ripensamento dell’imputato, che dopo essersi finto italiano tentando di depistare gli inquirenti, ha abbandonato la scena senza portare via nulla. Era la sera del 5 ottobre 2021 quando Mangion entrò nel negozio a volto coperto, indossando occhiali scuri, guanti, e stringendo tra le mani una pistola – poi rivelatasi un’arma giocattolo – con cui intimò alle due dipendenti lì presenti: «Dammi tutto, veloce!».
Secondo quanto ricostruito in aula, l’uomo scelse di parlare in italiano per evitare di essere riconosciuto, ma quando la cassiera si rifiutò di consegnare il denaro e gli lanciò contro un cestino, Mangion fuggì dal negozio imprecando, questa volta in maltese.
Il quarantenne fu identificato pochi giorni dopo grazie alle immagini delle telecamere di videosorveglianza e al ritrovamento, nella sua abitazione, degli oggetti utilizzati durante la tentata rapina. Fermato dalla polizia, confessò tutto, ammettendo che stava attraversando una fase di grave dipendenza dalle droghe e difficoltà economiche, e di aver bisogno di soldi per mandarli alla moglie in Marocco, ma di aver scelto di non commettere il crimine poiché in preda ai rimorsi di coscienza nei confronti della dipendente del punto vendita, rimasta terrorizzata dall’incursione.
La Corte ha riconosciuto che il furto non è mai stato portato a termine e che lo stesso imputato ha interrotto volontariamente l’azione, senza alcuna pressione esterna. Nessun denaro è stato sottratto dalle casse e non vi è stata alcuna violenza fisica, sebbene una commessa abbia riportato un forte shock.
Mangion è stato dichiarato colpevole di tentato furto aggravato dall’uso di un’arma (seppur finta), e di aver provocato danni emotivi ad una delle impiegate presenti in negozio. È stato condannato a 20 mesi di reclusione, sospesi per quattro anni, sottoposto a sorveglianza per tre anni e obbligato a versare 1.000 euro di risarcimento alla vittima. Il tribunale ha tenuto conto del suo pentimento, della confessione immediata e della volontà di uscire dal tunnel della tossicodipendenza.
(immagine di archivio)
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