Potrà proseguire la sua detenzione in Italia, e soprattutto ricevere cure mediche adeguate, Daniele Carbone, il 35enne salentino originario di Ugento rinchiuso da oltre due anni e mezzo in una cella del Corradino, dove sta scontando una condanna a 15 anni e mezzo per traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
La Corte d’Appello di Lecce ha infatti disposto nelle scorse ore il trasferimento del detenuto in un istituto penitenziario italiano, accogliendo le istanze presentate dal suo difensore, l’avvocato Davide Botrugno, e riconoscendo la sentenza emessa dall’autorità giudiziaria maltese.
Al centro della pronuncia, oltre agli aspetti procedurali legati al riconoscimento della condanna straniera, vi sono le precarie condizioni di salute del Carbone. «La presidente ha ritenuto sussistenti i presupposti per il trasferimento – spiega il legale in un commento rilasciato al Corriere Salentino – e non ha potuto non considerare il quadro clinico del mio assistito. Siamo soddisfatti di questa decisione e attendiamo Daniele in Italia per procedere con le cure adeguate, considerato che, fino ad ora, ha potuto avere accesso solo a palliativi analgesici».
Da mesi, Carbone, verserebbe infatti in «condizioni cliniche drammatiche»: così le definirono lo scorso ottobre i legali e la famiglia del detenuto in carcere dal 2023, quando fu arrestato all’aeroporto internazionale di Malta appena sbarcato da un volo proveniente da Lisbona, con circa sei chili di cocaina nascosti nel bagaglio da stiva. La Corte gli comminò una pena elevata, unitamente a 70mila euro di multa, motivata dall’ingente quantitativo della sostanza trafficata e dalla rilevanza transnazionale del reato, escludendo tuttavia collegamenti con reti criminali.
Dietro le sbarre, però, le condizioni di salute del 35enne si sono aggravate a causa di fistole perianali che gli avrebbe provocato un’infezione al sangue, con febbre persistente, forti dolori, difficoltà motorie ed una debilitazione fisica in progressivo peggioramento. Sintomi che, secondo la famiglia e i legali, non hanno mai ricevuto un trattamento adeguato, gestiti con cicli di antibiotici e analgesici che non solo non sembrano aver risolto il problema, ma avrebbero contribuito a peggiorare la situazione. Da qui le ripetute sollecitazioni alle autorità maltesi per ottenere un check up completo e l’intervento di un’équipe medica esterna ed indipendente, nel rispetto delle norme previste dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Determinante, ora, nella decisione della Corte d’Appello di Lecce, pare essere stata anche la condotta carceraria del detenuto, caratterizzata dalla partecipazione alle attività lavorative e dall’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata. Un quadro che, insieme alla “urgenza” sanitaria, ha contribuito a sbloccare una vicenda che per mesi era rimasta in stallo.
(photo credits: Facebook)
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