Era un tranquillo pomeriggio a Villa Pamphili quando un passante ha rinvenuto in una radura quello che inizialmente sembrava un bambolotto e che, invece, si è rivelato essere il cadavere di una bambina tra i sei e i dodici mesi, con evidenti segni di violenza e strangolamento. Quasi quattro ore più tardi, l’ennesima macabra scoperta: a qualche centinaio di metri dal primo ritrovamento, nascosta tra le sterpaglie all’interno di un sacco nero, è stata trovata senza vita — e senza apparenti segni di violenza — una donna di circa quarant’anni, presumibilmente morta da più tempo rispetto alla bimba, dato l’avanzato stato di decomposizione.
Nei giorni successivi, i test del DNA hanno confermato quello che gli inquirenti già sospettavano: erano i corpi di madre e figlia, le cui generalità restano tuttora avvolte nel mistero.
Le indagini nella zona del ritrovamento, frequentata da turisti e spesso rifugio notturno per i senzatetto, hanno portato alla scoperta di una tenda apparentemente abbandonata, fornita da un’associazione umanitaria. All’interno, effetti personali e pannolini hanno permesso di collegarla alle vittime, spesso avvistate insieme a un uomo — il principale sospettato — nei pressi del parco pubblico capitolino e dei tavolini del mercato di San Silverio dove mangiavano e si lavavano nei bagni pubblici.
A quel punto le autorità hanno intensificato le ricerche, analizzando le immagini delle telecamere di sorveglianza e diffondendo le fotografie dei tatuaggi rinvenuti sul corpo della donna, riuscendo così a raccogliere diverse testimonianze. Una di queste, rilasciata ai giornalisti di Chi l’ha visto?, raccontava di aver notato la coppia litigare in maniera così violenta da richiedere l’intervento di una volante. In quell’occasione, la donna si era presentata agli agenti come “Stella Ford”.
Le foto del killer con le vittime – credits: Chi l’ha visto?
Sulla base di queste informazioni e con il sospetto che l’uomo avesse ormai lasciato il Paese, le autorità italiane hanno emesso un mandato di arresto europeo con l’accusa di omicidio volontario per strangolamento, aggravato dalla minore età della vittima, e di occultamento di cadavere. Il 13 giugno, a seguito dell’agganciamento delle celle telefoniche, la polizia italiana ha rintracciato e arrestato a Skiathos, in Grecia, un uomo di 46 anni con cittadinanza americana. Sebbene si fosse presentato come “Rexal Ford” e avesse dichiarato di essere il padre della bambina, nelle ore successive è emerso che il passaporto riportava un nome falso e che la sua reale identità corrisponderebbe a quella di Francis Kaufmann, già arrestato cinque volte negli Stati Uniti per reati legati a violenza domestica e aggressioni. Kaufmann, al momento, sta collaborando con le autorità elleniche, spingendo verso l’estradizione negli States.
Le testimonianze raccolte nelle ultime ore suggeriscono come negli ultimi anni l’uomo abbia continuato a spostarsi, lasciando tracce di sé in Russia, Stati Uniti e Malta. Proprio sull’arcipelago Kaufmann avrebbe vissuto, tra il 2023 e il 2024, a Marsascala, ora al centro delle indagini condotte dalle autorità italiane e maltesi, oltre che dai giornalisti giunti sull’isola alla ricerca di indizi. Inizialmente si era ipotizzato che l’uomo si fosse sposato proprio a Malta, ma i registri ufficiali sembrerebbero smentire questa tesi.
Ulteriori dettagli sono emersi grazie alla testimonianza di Oskar Christian, noto come El Mariachi, musicista itinerante messicano che ha riferito a Repubblica di aver vissuto per mesi con la coppia. Secondo Christian, la donna — che lui conosceva come Stella — «era un genio dell’informatica, forse un hacker, che lavorava un’importante azienda», mentre Kaufmann si sarebbe presentato come filmmaker proprietario di diversi immobili e, in più occasioni, si sarebbe vantato di essere figlio della rockstar statunitense Lita Rossana Ford.
«Erano una coppia bellissima, si amavano. Non l’avrebbe mai uccisa. L’ultima volta che li ho sentiti lei era incinta, avevamo scherzato su questa cosa», ha raccontato Christian.
Nelle stesse ore, è emerso che il sospettato si era presentato come regista indipendente negli uffici di una casa di produzione ai Parioli, dove circa un mese fa aveva proposto un film da girare a Firenze. L’8 giugno — data in cui la donna e la bambina erano già state uccise — avrebbe inviato un’email per sollecitare una risposta al progetto.
Se avete segnalazioni, informazioni utili o testimonianze riguardanti quest’uomo o la coppia, potete contattarci scrivendo a [email protected].
(photo credits: Chi l’ha visto?)
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