E dopo il passo definitivo compiuto nel 2021 con la legalizzazione della cannabis a uso ricreativo, sulla scia dell’esperienza di altre realtà come Spagna e Olanda che per prime hanno capito le enormi potenzialità del mercato, anche Malta si trova ora a fare i conti con un business che, nella sola Europa, arriverà a valere circa 123 miliardi di euro entro il 2028.
A gestire il tutto, sul territorio locale, ci penserà ARUC (l’autorità per l’uso responsabile della Cannabis), che precisa: questa “rivoluzione verde” non servirà a incentivare il consumo della sostanza (al contrario, lo scoraggerà), ma consentirà di promuovere obiettivi di salute pubblica attraverso una regolamentazione responsabile e informata.
Un modello creato partendo da quello catalano, ora alle prese con il via alla corsa per le licenze con i primi Cannabis “Harm Reduction” Clubs che hanno finalmente ottenuto l’ok per operare. Tra questi, anche la South Flowers C.H.R.A, la prima associazione con produzione in serra maltese che, almeno in parte, “parlerà italiano” per via della presenza del fondatore Marco Betti che, rivolgendosi al Corriere di Malta, ha così tracciato le prospettive del mercato:
«Penso che il modello maltese possa risultare vincente grazie al grande lavoro dell’ARUC. Sarà interessante capire se il sistema riuscirà a sorreggersi economicamente in un modello no-profit che, però, ha il vantaggio di chiudere le porte ad eventuali squali»
Proprio questa scelta di slegare la sostanza dal profitto può essere, come spiegato da Betti, la chiave vincente per immettere sul mercato i derivati della cannabis, concessa solo attraverso pre-requisiti imprescindibili come la presenza di soci maltesi o quantomeno residenti sull’arcipelago da almeno 5 anni, in possesso di determinati titoli professionali o accademici che attestino la connessione col territorio, scoraggiando così eventuali ingressi delle multinazionali estere.
L’obiettivo dichiarato del nuovo disegno di legge è quello di rubare quote dal mercato nero offrendo prodotti qualitativamente adeguati e al giusto prezzo, controllati attraverso i test dell’ARUC che spinge anche in direzione della promozione di un uso consapevole della sostanza; un traguardo che per Betti potrebbe essere raggiunto aprendo alla possibilità di consumare sul posto:
«È tutto ancora una scommessa, ma le associazioni sono felici del lavoro dell’ARUC. In futuro sarebbe utile aprire alla consumazione sul posto, anche per favorire lo scopo informativo e sociale della legge, e la vendita dei pre-rolled in modo da fornire un prodotto controllato e già pronto al consumo»
Un modello innovativo, quindi, ma ancora in cerca di una formula definitiva anche a livello promozionale, per evitare di incappare in situazioni come quelle delle “smart drugs”, serie di composti contenenti principi attivi psicotropi (un esempio ne è l’HHC), ma regolarmente distribuiti dai rivenditori sul territorio.
Nonostante questo, viene loro infatti concessa una promozione maggiormente “libera”, spesso attraverso la presenza di banner o insegne luminose riportanti la classica foglia di marijuana; e c’è addirittura la possibilità di acquistarle attraverso Wolt.
Una “libertà” in forte antitesi rispetto a quanto concesso alle Harm Reduction Associations, alle quali non è permesso disporre di insegne o materiale promozionale che richiami l’attenzione sul negozio, segnando una disparità ancora più evidente nel caso del sopracitato HHC, fornendo così elementi ancora da snocciolare per un modello in costante evoluzione impostato, secondo Betti, sulla “strada giusta”:
«Malta ha la possibilità di creare una situazione unica in Europa: un assetto completamente legale, gestito da comuni cittadini e libero dalle lobby delle multinazionali del settore. Un sistema che metta il benessere delle persone davanti al profitto e abbia come scopo finale l’eccellenza del prodotto»