Dopo l’articolo sulla residenza fiscale dei cittadini italiani all’estero, l’avvocato Speranza affronta la stessa questione per le imprese, approfondendo la tematica dell’estero vestizione.
Domanda di oggi:
Ho visto il suo ultimo articolo sulla residenza fiscale. Vorrei sapere se per le società si applicano analoghi principi. Per chiarire sono azionista di una società maltese ma residente in Italia ed ho sentito molto parlare di estero vestizione. Mi può dare qualche informazione in merito?
Gentile lettore, grazie per la sua domanda. Cercherò necessariamente di rispondere semplificando al massimo ed andando al nocciolo di questo interessante tema, che peraltro ha generato, non a caso, migliaia di articoli e ricerche stante la complessità dell’argomento e le molte sfaccettature che presenta..
In sostanza i principi di base contenuti nelle normative interessate sia italiane, artt. 5, comma 3, lett. d) e 73, comma 3, del TUIR, che europee, in tema di residenza fiscale delle società fanno principalmente riferimento, al fine di determinarne la residenza, alla ricorrenza di uno dei seguenti criteri di collegamento: la sede legale, la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale dell’impresa.
Intuitivo come il primo criterio, ovvero che la società sia stata costituita e mantenga la sede legale all’estero costituisce di regola un semplice punto formale di partenza ma mai sufficiente a determinarne la effettiva residenza. Entra infatti sempre in gioco il secondo, ovvero se sia o meno controllata, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio dello Stato ovvero amministrata. Ciò che interessa e rileva è insomma il luogo in cui effettivamente risiedono i soggetti ove si organizza e si dirige giorno per giorno la società.
Definiscono così con chiarezza il concetto l’articolo 4 del Modello OCSE e la sentenza n. 136/1998 della Corte di cassazione: la sede effettiva della società deve considerarsi “il luogo in cui la società svolge la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l’esercizio dell’impresa. Cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano gli affari e dove i diversi fattori dell’impresa vengono organizzati e coordinati per l’esplicazione ed il raggiungimento dei fini sociali“.
Sul punto da distinguere bene, per evitare errori, tra il legittimo esercizio dei poteri di direzione e coordinamento, potenzialmente esercitabile secondo certi criteri anche da un soggetto legittimato non presente sul territorio, ed invece di amministrazione, ovvero la diversa attività conduzione della ordinaria e quotidiana attività aziendale.
Quindi è ben chiaro come rilevi con priorità la verifica del luogo di residenza degli amministratori, con riguardo a quelli di fatto e non a quelli di diritto, ed a dove viene esercitato effettivamente il potere di gestione della società, con particolare attenzione al controllo di funzioni ed elementi essenziali di gestione quali, per fare un esempio, dei conti bancari e delle disponibilità finanziarie della società oltre della effettiva presenza di un apparato organizzato di beni e persone dove si afferma che venga esercitata l’impresa.
Infine, un cenno al terzo ed ultimo criterio citato, ovvero dell’oggetto principale, concetto che appare di più dubbia e complessa definizione e valutazione. Non avendo lo spazio e tempo adeguati in questa sede mi limito alla nota per cui ove l’attività svolta in Italia sia dovesse trovare a risultare prevalente o preponderante nel quadro di tutte le altre attività esercitate, potrà essere possibile sostenere che l’oggetto principale della società sia collocabile, ai fini fiscali, in Italia, con le conseguenze del caso.
Potendo ora, dopo quanto descritto, sintetizzare una risposta alla sua domanda sulla estero vestizione, sicuramente chiaro appare come tale contestazione potrà essere sollevata quando sarà si avranno riscontri in merito al fatto che la società risulta formalmente residente all’estero, con atto costitutivo e statuto societario esteri ma presenta determinati presupposti che la collegano con il territorio italiano. In pratica che sia stata realizzata con il solo o preponderate e chiaro intento di conseguire un indebito vantaggio fiscale creando a tal fine un soggetto fittizio non in grado di provvedere alle normali attività di gestione ordinaria quotidiana, essendo insomma in presenza di quella che si definisce comunemente una “società di carta”.
Importante precisare che tutte le eventuali contestazioni avranno solo valore di presunzione semplice, come tale superabile con ogni mezzo di prova idoneo a dimostrare il contrario. Sul tema tornerò magari in modo più ampio in altra sede.
In merito infine alla sua posizione di azionista, nulla di illegittimo. Ogni cittadino è libero di investire o creare impresa ove desidera. Vige la piena libertà di stabilimento che consente all’imprenditore di collocare le proprie strutture dove meglio pensa e ritiene senza limitazioni di sorta. Importante però appunto che non si tratti di una costruzione di puro artificio volta solo a lucrare benefici fiscali o altri vantaggi indebiti. Vantaggi appunto ritenuti indebiti non perché si usano correttamente e legittimamente le opportunità offerte dal mercato o da una più conveniente legislazione fiscale, ma perché tale vantaggio è ottenuto mediante costruzioni non aderenti alla realtà.
Ben legittima la sua posizione quindi che comporta tra i vari, amo ricordare, precisi obblighi dichiarativi nel su paese di residenza, ma anche correlati diritti esercitabili in assoluta trasparenza. Importante essere informati in modo adeguato e mantenere forte consapevolezza della necessità del rispetto delle regole.
Per approfondire potete scrivere una mail a [email protected]