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Dal 1 luglio parte il Moss: versamenti Iva semplificati per chi commercia tra Paesi europei

La riforma era prevista da una direttiva del 2017

di Giampiero Moncada
28 Gennaio 2021
in Economia
Tempo di lettura:3 mins read
0

Adesso le cose saranno molto più semplici per chi vuole vendere in tutta l’Unione europea via Internet. Dal prossimo 1° luglio, un’azienda che vende all’estero, all’interno della Ue, non dovrà più effettuare i versamenti all’Ufficio iva di ciascun Paese in cui risiedono i propri clienti ma avrà a che fare solo con quello del proprio Paese il quale, poi, girerà le somme agli Stati in cui sono stati effettuati gli acquisti.

La riforma era prevista da una direttiva del 2017 e viene recepita con un leggero ritardo dovuto al Covid. L’emergenza pandemica, d’altra parte, ha incentivato l’e-commerce in tutto il mondo rendendo questa riforma ancora più urgente.

Questo sistema, definito Moss, Mini one stop shop, esiste già da più di cinque anni ma solo come opzione speciale per i servizi e per i prodotti digitali. Cioè, tutto quello che non viene spedito fisicamente ma è immateriale, come i servizi, o può viaggiare per via telematica: software, film in streaming, notiziari sul web, intrattenimento on line e così via. Adesso, il Moss viene esteso al commercio elettronico di beni materiali. Tutto quello, quindi, che viene spedito e consegnato attraverso i servizi postali di qualunque tipo.

Ecco cosa cambierà in pratica.

Finora, un’azienda che vende i propri prodotti al consumatore finale tramite Internet direttamente (con un proprio sito) o indirettamente (tramite un portale come Amazon o Booking.com), deve pagare l’iva nel Paese di residenza del proprio cliente. Quindi, un’azienda italiana che vende i suoi prodotti a un consumatore tedesco, dovrà pagare l’imposta su quella vendita all’Ufficio iva della Germania. Per farlo, finora ha dovuto farsi riconoscere da quell’ufficio aprendo una partita iva tedesca o, comunque, facendosi identificare con una specifica procedura.

Da luglio prossimo, quella stessa azienda verserà l’iva sui prodotti venduti ai consumatori tedeschi direttamente all’ufficio iva del proprio Paese (in questo caso l’Italia), al quale specificherà che quegli importi si riferiscono a vendite destinate alla Germania secondo l’aliquota decisa in quel Paese. Questo, naturalmente, dovrà essere replicato per tutti i Paesi dell’Unione nei quali l’azienda del nostro esempio ha dei clienti: quando effettuerà il versamento al proprio ufficio iva, fornirà l’elenco dei Paesi nei quali ha effettuato delle vendite e gli importi dell’iva, calcolati sulla base dell’aliquota di ciascun Paese. Quindi, su uno stesso prodotto venduto sia a un consumatore francese che a uno tedesco, applicherà un’iva leggermente diversa, secondo i regimi fiscali dei due Paesi.

Ma quanto costa fare tutti questi calcoli?

Per quanto semplificata, la gestione di così tante opzioni comporta comunque degli investimenti tecnologici che non si giustificherebbero per fatturati modesti. È necessario dotarsi, ad esempio, di un programma gestionale con funzioni evolute e costanti aggiornamenti. E per queste imprese che non fanno grandi numeri all’estero, l’Ue ha un occhio di riguardo: chi non raggiunge, con le vendite in un singolo Paese estero, la soglia di 10mila euro all’anno, pagherà l’iva come se avesse effettuato quelle vendite all’interno dei confini nazionali.

La soglia di 10mila euro si intende per ciascun Paese estero.

Facciamo un esempio pratico: un’azienda che ha sede a Malta e che fatturi 9mila euro con l’Italia, altri 9mila euro con la Francia e altri 9mila con la Spagna, dovrà versare l’imposta su tutte queste vendite all’ufficio iva maltese e applicherà le aliquote locali.

Se in uno solo di questi Paesi (per esempio la Spagna) dovesse raggiungere un fatturato (sempre per esempio) di 15mila euro, dovrà versare comunque a Malta l’iva su tutte le vendite, ma distinguendo: i primi 10mila rimarranno al Fisco maltese e gli altri dovranno essere girati alla Spagna.

La nuova normativa, è bene specificarlo, riguarda esclusivamente il commercio elettronico sul mercato consumer, quello degli acquirenti finali.  Completamente diversa è la normativa del commercio transnazionale tra aziende, il cosiddetto commercio B2B. In quei casi, si applica la cosiddetta reverse charge (inversione contabile) e l’iva viene versata da chi acquista il bene. Ma non è il caso, in questa sede, di entrare nei vari aspetti della normativa. Che, comunque, non sarà toccata dalla riforma che sta per entrare in vigore.

Tags: ivavat
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