Quasi la metà dei procedimenti per omicidio avviati nell’ultimo decennio è ancora in attesa che venga fatta giustizia, con tempi di attesa che in alcuni casi superano i cinque anni. È quanto emerge da “Justice at Risk: The Impact of Delayed Legal Proceedings in Wilful Homicide Cases in Malta”, l’ultimo rapporto pubblicato dalla Daphne Caruana Galizia Foundation, che denuncia ritardi sistemici e inefficienze croniche nel sistema giudiziario locale, malgrado l’arcipelago registri il tasso di omicidi tra i più bassi dell’UE.
Nello specifico, secondo il documento, il 46% dei delitti finiti nelle aule di tribunale tra il 2010 e il 2020 risulta ancora “in sospeso” e, in media, ogni anno a Malta si registrano sei omicidi, ma solo 1,5 procedimento volge al termine nel medesimo periodo di tempo, lasciando alle spalle una scia di casi irrisolti in continua crescita, più o meno come avviene anche nei procedimenti in sede civile, commerciale e amministrativa.
«Le lentezze processuali stanno negando alle vittime e alle loro famiglie il diritto a una giustizia tempestiva», afferma la Fondazione, aggiungendo che la situazione «rappresenta una minaccia diretta all’integrità della democrazia del Paese».
Lo studio – che ha analizzato 88 casi di omicidio tra il 2010 e il 2024 – mette in luce un quadro di inefficienza strutturale. Gli imputati attendono in media tre anni per l’inizio del processo dopo l’incriminazione, ma non mancano situazioni che superano i cinque o addirittura otto anni.
Le conseguenze di questo «bilancio scandalosamente negativo» sono pesanti: con il passare del tempo, testimoni che dimenticano particolari cruciali, prove che diventano inammissibili e, in alcuni casi, imputati che fuggono o muoiono prima del processo. La Fondazione rileva inoltre che in diversi procedimenti alcuni imputati hanno commesso nuovi reati mentre erano in libertà provvisoria, aggravando la sofferenza dei familiari delle vittime. Nonostante Malta destini una quota elevata di fondi al sistema giudiziario, il Paese registra una delle più basse proporzioni di giudici pro capite e uno dei tassi di risoluzione peggiori d’Europea.
Le disparità non mancano, sia per genere che per nazionalità: sempre secondo il documento, i casi con imputati stranieri tendono a concludersi più rapidamente rispetto a quelli che vedono accusati cittadini maltesi, e la stessa cosa vale per le vittime. Se sono maltesi (60 casi su 88 negli ultimi dieci anni) oppure di sesso femminile, i procedimenti avanzano più velocemente, a differenza di quelli che vedono al centro vittime straniere o di sesso maschile.
La Daphne Caruana Galizia Foundation invita le autorità ad intraprendere una profonda riforma immediata del sistema, a partire da una revisione formale dell’intero comparto giudiziario per individuare le cause dei ritardi. Tra le raccomandazioni figurano la semplificazione dell’iter burocratico, il monitoraggio delle prestazioni e l’implementazione di risorse umane così come delle nuove tecnologie: archiviazione elettronica dei fascicoli, sistemi di trascrizione automatica delle udienze tramite l’impiego dell’intelligenza artificiale e notifiche “smart”.
Il rapporto suggerisce anche di migliorare la gestione logistica delle aule di tribunale, la selezione e nomina di traduttori ed esperti, la gestione e l’aggiornamento del sito web e di aumentare il numero di giudici e magistrati, come già richiesto dal presidente della Corte Suprema.
Sebbene negli ultimi anni il governo abbia lanciato diverse iniziative, tra cui la “Digital Justice Strategy” da 10 milioni di euro e nuove misure per abbreviare le fasi preliminari dei processi, la Fondazione avverte che «questi interventi rischiano di restare insufficienti senza un’attuazione rapida e concreta».
«Solo una riforma complessiva del sistema, sostenuta da una reale volontà politica, potrà restituire ai cittadini fiducia nella magistratura e giustizia alle vittime, preservando l’integrità della democrazia nel Paese», conclude il dossier.
(in copertina i volti delle vittime di omicidio – e di giustizia ritardata – dal 2014 al 2024, credits: Daphne Caruana Galizia Foundation)
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