«Un attacco senza precedenti ai diritti dei cittadini». Con queste parole, Moviment Graffitti e una decina di ONG hanno manifestato lunedì davanti al Parlamento per chiedere il ritiro immediato dei disegni di legge 143 e 144, con cui il governo intende riformare le normative sull’urbanistica. A far esplodere la protesta è stata anche la decisione dell’esecutivo di discutere i provvedimenti direttamente in plenaria, saltando sia la consultazione pubblica sia il passaggio in commissione. Il tutto, in piena estate, motivando la “fretta” con l’avvicinarsi dello stop all’attività parlamentare. «Una tattica indegna per un governo democratico», l’accusa degli attivisti.
Secondo i promotori della protesta, il pacchetto di riforme – presentato dal Primo Ministro Robert Abela come una semplificazione normativa in favore dei cittadini – rappresenterebbe in realtà un drastico sbilanciamento a favore degli interessi speculativi. «Sembra un regalo alla lobby dei costruttori», hanno denunciato in un comunicato congiunto. Le modifiche, sostengono le organizzazioni, indebolirebbero le tutele ambientali, aumenterebbero i margini di discrezionalità per il ministro della Pianificazione e la Planning Authority, e ridurrebbero drasticamente le possibilità di opposizione pubblica.
Nel dettaglio, le Ong hanno elencato alcuni aspetti particolarmente controversi: tra questi, la possibilità di regolarizzare costruzioni abusive, modificare le altezze massime consentite dagli attuali piani regolatori e riattivare permessi scaduti – anche in aree sensibili come quelle escluse dalle zone di sviluppo (ODZ) – senza alcun obbligo di consultazione. Le nuove norme, sottolineano, renderebbero inoltre le politiche urbanistiche esistenti subordinate a qualsiasi nuova direttiva emessa dal ministro o dall’autorità, creando un quadro normativo instabile e opaco.
Forti critiche anche al nuovo assetto dei ricorsi: secondo gli attivisti, il termine per presentare appello verrebbe ridotto da 30 a 20 giorni, con l’obbligo di basarsi esclusivamente su obiezioni già espresse nella fase preliminare. Non solo: chi presenta ricorsi giudicati “frivoli” rischia multe fino a 5.000 euro, senza possibilità di impugnazione. Un altro punto ritenuto critico riguarda i poteri della magistratura: le corti, infatti, non potranno più revocare direttamente un permesso ritenuto irregolare, ma potranno solo rinviare la decisione al tribunale amministrativo, considerato dagli attivisti privo di reale indipendenza.
L’unica misura considerata positiva – l’aumento da 50 a 2.000 euro delle sanzioni giornaliere per chi viola un ordine di sospensione dei lavori – è stata definita dalle Ong un intervento marginale, incapace di bilanciare lo smantellamento delle attuali garanzie legali.
«Questa non è una riforma dell’apparato dei ricorsi – ha dichiarato Moviment Graffitti – ma una riscrittura dell’intero sistema urbanistico a vantaggio degli sviluppatori. E il fatto che sia stata presentata in piena estate, senza alcun processo partecipativo, conferma la volontà di eludere il confronto pubblico».
Durante il presidio, una delegazione di attivisti ha avuto un breve scambio con il Premier Abela, il quale ha definito le proteste «frutto di un fraintendimento» e ha dichiarato che l’obiettivo della riforma sarebbe quello «rafforzare il sistema». Secca la replica dei manifestanti per voce di Andre Callus di Graffitti: «Non insultateci dicendoci che stiamo fraintendendo la realtà».
Alla protesta hanno partecipato anche Flimkien ghal Ambjent Ahjar, BirdLife Malta, Din l-Art Helwa, Nature Trust – FEE Malta, Friends of the Earth, Ghawdix, Wirt Ghawdex, la Ramblers Association e altri gruppi della società civile. Insieme, hanno ribadito la richiesta di ritirare i disegni di legge e avviare un nuovo processo di riforma realmente partecipato, a partire da un “White Paper” – un documento pubblico preliminare che consenta un confronto aperto con cittadini, tecnici e realtà ambientaliste.
(photo credits: Moviment Graffitti)
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