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Femminicidio Rita Ellul, la figlia Jessica: «non potevamo mai incontrarci; aveva paura che la picchiasse»

Dai servizi sociali che avevano etichettato il caso come di «medio rischio» alle continue violenze ormai note a tutti: Rita era sempre più sola, in balia dell’uomo che diceva di amare, ma che si è trasformato nel suo presunto killer

di Stefano Andrea Pozzo
19 Marzo 2024
in Giudiziaria
Tempo di lettura:3 mins read
0

Ha preso il via nei giorni scorsi il processo con giuria a carico di Lawrence Abina, 32enne di origine ghanese, accusato di aver strangolato la compagna Rita Ellul, 49enne di Iklin, trovata senza vita nel letto dell’abitazione di lui a Ghajnsielem, nel febbraio del 2022. Le autorità furono allertate dallo stesso indiziato, nel tentativo di mischiare le carte. I primi rilievi condotti dalla polizia esclusero infatti la pista dell’omicidio, smentita poco dopo dall’autopsia svolta sul corpo della donna che rilevò ecchimosi attorno al collo, convalidando l’ipotesi dello strangolamento.

Una relazione turbolenta, quella tra i due, durata quattro anni dopo una rapida conoscenza sui social, e che aveva portato la vittima a denunciare il compagno già nel 2020, per violenza domestica.

Al contrario, Abina dipingeva la storia con Ellul come “priva di problemi”, anche se nei giorni successivi la tragedia sarebbe crollato durante un interrogatorio, confermando che, dopo una serata passata assieme agli amici e alla compagna, la mattina successiva prima di andare a lavoro avrebbe strangolato la donna nel sonno sapendo di «non potersi fermare», perchè se lo avesse fatto sarebbe finito sicuramente in prigione, come testimoniato dall’ispettore presente durante le dichiarazioni. L’individuo sarebbe stato tormentato dall’idea che la compagna avrebbe potuto tradirlo.

A parlare con le forze dell’ordine anche una delle amiche più strette di Ellul, presente la sera prima dell’omicidio nella casa dove si è consumata la tragedia, e che per un breve periodo, prima di diventare sua amica, aveva affittato alla coppia un appartamento di sua proprietà a Marsalforn. Un alloggio dal quale sarebbero stati presto cacciati, dopo che la donna ha dichiarato di aver assistito a un litigio tra i due sfociato in un’aggressione da parte dello stesso imputato.

Alla base, la gelosia innescata dalle numerose tresche di Abina, delle quali la vittima era a conoscenza e che a un certo punto l’avrebbero spinta a parlare del corteggiamento da parte di un certo “Stefan”, un personaggio fittizio inventato dalla stessa donna nel tentativo di ottenere più attenzioni dal proprio partner, che però non avrebbe mai digerito un simile “affronto”, divenendo presto instabile, ossessionato e ancora più aggressivo.

Come spesso accade, Ellul è stata così progressivamente isolata dagli affetti più cari come Jessica, una delle sue tre figlie, che sabato davanti alla corte ha raccontato i cambiamenti della madre nell’ultimo periodo, dalla fugace presenza al battesimo del nipote dove la donna sembrava psicologicamente assente alla costante impossibilità di incontrarsi con lei, fino ai racconti dei maltrattamenti e abusi subiti dal compagno che, nonostante le perplessità, è stato accettato dalle figlie per «rispetto» della madre.

Entrando più nei dettagli, sempre la donna ha dichiarato di aver più volte chiesto alla madre di vedersi prima o dopo il lavoro, ricevendo sempre un “no” come risposta, oppure di aver notato degli atteggiamenti mai avuti in precedenza, come fotografare i nipoti mentre giocavano per dimostrare al compagno che si trovava effettivamente con le sue figlie. Ellul le ha inoltre confessato che Abina l’avrebbe pedinata da Gozo a Malta, e di essere stata picchiata dopo che lui era rientrato a casa ubriaco, come spesso sarebbe accaduto. Tesi confermata anche da diversi amici con cui la donna si era confidata.

Una situazione di cui i servizi sociali erano stati informati dopo l’ennesima violenza subita da Ellul che, nonostante abbia raccontato con preoccupazione dei numerosi tentativi di strangolamento, delle continue botte e delle minacce di morte subite negli ultimi mesi, avrebbe rifiutato l’offerta di un alloggio per vittime di violenza. Le segnalazioni della donna erano state etichettate come a “rischio medio”, sulla base delle analisi Dash effettuate dagli specialisti.

Impossibile determinare se una valutazione differente avrebbe potuto salvare la vita alla donna rimasta in balia del suo aguzzino come spesso accade alle vittime di femminicidio, isolate nel miraggio che la situazione possa migliorare o che “lui” possa cambiare.

Abina, nel frattempo continua a dichiararsi non colpevole, mentre il processo a suo carico prosegue presso le aule del tribunale di Gozo.

Stop Violence - Fonte: stopviolence.gov.mt
I recapiti da contattare in caso di violenza – stopviolence.gov.mt
(photo credits: Facebook)
Tags: femminicidioGhajnsielemLawrence AbinaRita Ellul
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