Un cittadino libico di 40 anni, residente a Gozo, è stato arrestato e trattenuto in custodia cautelare con l’accusa di aver maltrattato la sua compagna in un episodio che ha sollevato scalpore anche sui social. A far scattare le indagini è stato infatti un video circolato su TikTok in cui si vede un uomo picchiare una donna all’interno di un’auto. Il filmato, girato da una turista, ha attirato l’attenzione della Unità antiviolenza domestica, che ha avviato immediatamente le verifiche del caso.
Attraverso la targa del veicolo, gli inquirenti sono riusciti a risalire all’identità della vittima che, in un primo momento, ha rifiutato di sporgere denuncia, ma successivamente ha confermato l’accaduto a un sergente di polizia, spiegando però di non voler procedere contro il compagno poichè lo aveva già fatto in passato, e lei, alla fine, l’aveva sempre perdonato.
Secondo la ricostruzione fornita dalle autorità, l’aggressione sarebbe avvenuta il 24 luglio, in seguito a una discussione innescata durante una giornata trascorsa al mare a Birzebbugia. L’uomo, presumibilmente sotto l’effetto di alcol, avrebbe iniziato a insultare e colpire la donna con pugni sul viso e sul corpo all’interno dell’abitacolo, procurandole diversi lividi.

In seguito, i due si sarebbero diretti verso Gozo, dove lui risiede e, giunti a destinazione, l’uomo avrebbe costretto la donna a entrare nella abitazione dove le avrebbe nascosto le chiavi, impedendole di uscire. Solo durante la notte, la vittima sarebbe riuscita a fuggire e a rifugiarsi a casa della madre.
Il 40enne è stato arrestato il giorno successivo, mentre firmava il registro delle presenze come previsto dalle condizioni di libertà su cauzione ottenute in un precedente procedimento. Solo una volta saputo che il compagno si trovava in stato di fermo, la donna avrebbe deciso di denunciarlo. Oltre all’aggressione e alle minacce, è accusato anche di sequestro di persona, insulti, recidiva e violazione delle ordinanze di libertà su cauzione alle quali era già soggetto.
Durante l’udienza, la difesa ha richiesto la libertà provvisoria del proprio assistito, sostenendo che la presunta vittima aveva rifiutato più volte di denunciarlo e che non sussisteva un reale rischio di inquinamento delle prove. La Procura si è opposta, citando la gravità delle accuse, i trascorsi giudiziari dell’imputato e la possibilità concreta che possa esercitare pressioni sulla vittima.
Il tribunale ha scelto di avallare la tesi dell’accusa, ritenendo fondato il rischio di inquinamento delle prove e considerando la fedina penale del soggetto che si dichiara non colpevole di ogni contestazione.
(photo credits: frame video TikTok)
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