Premetto, la giustizia maltese non ha nulla da imparare da quella italiana, tutte e due sono tra le meno efficienti nell’UE in termini di lunghezza dei processi. Basta andare sul sito dello EU Justice Scoreboard per trovare questo grafico che conferma l’inefficienza del sistema giudiziario a Malta come in Italia.
Del resto il recente articolo di Stefano Andrea Pozzo sul Corriere di Malta raccontava la mia esperienza personale ultradecennale per le cause intentate dal liquidatore di una società assicurativa contro i suoi dirigenti, incluso il sottoscritto, che non arrivano mai a conclusione.
Ma il colmo del paradosso nella mia sfortunata esperienza con la giustizia maltese l’ho raggiunto con la causa da me avviata nel 2012 contro il predetto liquidatore per recuperare tre mesi circa di stipendio come Director della società di cui sopra. La Corte d’appello ha infatti definitivamente respinto la mia richiesta nel dicembre scorso dopo 11 anni e due appelli, condannandomi alle spese, al termine di un iter procedurale certamente non limpido.
La prima sentenza arrivò in ottobre del 2014 quando un giudice della First Chamber ha respinto la mia richiesta stabilendo che non era possibile citare in giudizio una società in liquidazione senza chiedere prima il permesso della Corte.
In appello il mio avvocato, il professor Refalo, sostenne che nel caso di una società regolamentata del settore assicurazioni in cui l’operato del liquidatore è controllato (teoricamente) da una authority (in questo caso MFSA) il cittadino deve avere la possibilità di rivolgersi a un un giudice terzo per tutelare i propri diritti.
Per questo la Corte d’appello nel novembre del 2020 accolse e annullò la precedente sentenza rinviando alla First Chamber che concesse a questo punto il permesso di citare la società nel maggio del 2023. Ma poi nel luglio del 2023 il giudice ha respinto di nuovo la mia citazione con motivazioni fumose, perché i pagamenti reclamati non sarebbero stati sufficientemente documentati, per asserite discrepanze negli importi e nelle date oltre che per mie eventuali responsabilità nell’insolvenza della società (invece che dell’amministratore nominato dall’MFSA!).
Peccato però che il giudice – forse dando credito al nuovo liquidatore nominato nel 2020 dopo l’arresto del precedente coinvolto nello scandalo dei Panama Papers – abbia confuso date e importi indicati al lordo delle imposte con quelli al netto, che non abbia ritenuto sufficiente la documentazione fiscale presentata e abbia ostinatamente attribuito l’onere della prova non al liquidatore della società ma a me, dipendente, contrariamente alle prassi normalmente vigenti in materia di controversie di lavoro nei paesi dell’UE.
Nuovo appello dei miei avvocati nell’agosto 2023, sostenendo che non era necessario provare fatti non contestati precedentemente dal liquidatore. La Corte decide il 7 dicembre 2023 che non c’è bisogno di udienza per l’appello e respinge la mia richiesta di pagamento sulla base delle stesse considerazioni della First Chamber di luglio 23 aggiungendo che sono poco credibile.
Difficile comprendere la logica di certe sentenze: delle due l’una, o i giudici non si leggono le carte, o sono lecite domande sulla loro reale indipendenza perché orientati a proteggere le istituzioni, l’Authority e il suo liquidatore in questo caso, piuttosto che render giustizia al cittadino.