Un caso di presunta violenza domestica si è chiuso con un nulla di fatto in tribunale, dopo che la vittima ha chiesto di interrompere il procedimento nei confronti del compagno. L’episodio ha suscitato la dura reazione del magistrato, che ha denunciato l’abitudine, sempre più diffusa, di ottenere ordini di protezione salvo poi non rispettarli, invitando i media a parlarne.
L’imputato, un 25enne di Msida che si dichiara non colpevole, era accusato di aver minacciato e insultato la fidanzata facendole temere che avrebbe potuto subire violenza, nonché di aver violato la misura cautelare emessa lo scorso giugno dal tribunale.
In aula, a sorpresa, è stata la presunta vittima a chiedere la chiusura del procedimento e a ridimensionare i fatti. Sotto giuramento ha negato che vi fossero stati altri episodi di violenza tra i due, ma l’ispettore di polizia le ha ricordato che era in atto l’ordinanza restrittiva emanata dal tribunale a seguito della sentenza emessa tre mesi fa, sempre per accuse analoghe.
Il magistrato, Lara Lanfranco, ha espresso frustrazione per la gestione della vicenda, sottolineando il tempo speso e le energie dedicate dalle autorità nell’ottenere una misura cautelare che non è poi stata rispettata, dato che la coppia ha continuato a vivere insieme.
Dinamiche che accadrebbero «sempre più spesso» nei casi di violenza domestica, tanto che la Lanfranco ha invitato i media ad «iniziare a raccontare cosa succede davvero con queste ordinanze restrittive». Alla luce delle richieste della donna, il procedimento è stato interrotto e il caso archiviato, mentre la polizia è stata invitata a proseguire le indagini sulla gestione delle denunce.
(immagine di repertorio)
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