Il reintegro al lavoro presso la Lands Authority di Kurt Buhagiar, uno dei cinque imputati per la tragica fine di Jean Paul Sofia, ha scatenato forti polemiche e la rabbia della madre del 20enne, morto nel crollo di un edificio in costruzione a Kordin nel dicembre 2022.
In un post pubblicato domenica sera su Facebook, Isabelle Bonnici ha riferito che l’attuale ministro delle Terre, Owen Bonnici, le avrebbe confermato che Buhagiar è tornato in servizio già «da diverse settimane», su scelta intrapresa durante il mandato del precedente ministro, Stefan Zrinzo Azzopardi.
Kurt Buhagiar, insieme all’altro costruttore suo socio in affari Matthew Schembri, gli impresari Milomir Jovicevic e Dijana Jovicevic e l’architetto Adriana Zammit, è accusato di omicidio colposo e negligenza per il crollo della fabbrica di legname in costruzione su un terreno governativo affidato in concessione dall’ente pubblico INDIS Malta in cui, oltre alla morte di Sofia, cinque persone rimasero gravemente ferite.
Il collasso dell’edificio gestito dalla società Allplus Ltd creata da Buhagiar e Schembri solo qualche mese prima del disastro, fu rapidissimo, circa quattro o cinque secondi: troppo veloce per una struttura ben realizzata. A darne conferma fu successivamente l’inchiesta pubblica – inizialmente non voluta dal governo – indetta insieme a quella della magistratura per far luce sull’incidente, i cui risultati portarono a galla numerose carenze e superficialità, anche da parte delle istituzioni.
Secondo quanto riportato dal portale The Shift News, il ritorno al lavoro di Buhagiar – sospeso con stipendio dimezzato dal luglio 2023 – sarebbe stato fortemente voluto dal Ceo della Lands Authority, Robert Vella, sotto il quale Kurt Buhagiar era stato assunto nel 2021 come autista, per poi essere promosso a funzionario amministrativo, divenendo – dicono – il suo braccio destro.
«Per quanto ne so, per fare domanda per un impiego presso un ente pubblico bisogna avere la fedina penale pulita. Questo individuo ha già avuto una condanna, è stato incarcerato (in Italia, ndr.) per tratta di migranti, e ora è sotto processo per la morte di mio figlio», tuona Isabelle Bonnici, ricordando inoltre che Jean Paul Sofia è morto su un terreno statale dato in concessione agli stessi imputati, e ha accusato le istituzioni di continuare a mancare di rispetto alla memoria del figlio, consentendo il ritorno in servizio di uno degli accusati.
Il ministro Owen Bonnici, sostiene la donna, ha affermato di non essere stato lui a decidere il reintegro, attribuendo la scelta all’amministrazione della Lands Authority durante il mandato del suo predecessore. Da parte sua, Zrinzo Azzopardi ha replicato su Facebook che la decisione è stata «puramente amministrativa», «a discrezione dell’amministrazione dell’Autorità», e che lui non ha mai approvato né autorizzato il provvedimento. Insomma, nessuno ha scelto, nessuno ne è responsabile, ma tutti sapevano, tranne i diretti interessati.
Il caso ha inevitabilmente suscitato reazioni, anche sul fronte politico: il Partito Nazionalista ha condannato la decisione definendola «un insulto alla famiglia Sofia» e «una prova del mancato rispetto delle raccomandazioni emerse dall’inchiesta pubblica» che il Governo, inizialmente contrario, aveva poi acconsentito ad avviare sotto la pressione dell’opinione pubblica che lo spinse anche a porgere le scuse alla famiglia della vittima.
La morte di Jean Paul Sofia è diventata in qualche modo il caso simbolo per riformare la giungla del settore edilizio maltese, sebbene ad oggi risulti che solo il 22% delle raccomandazioni fornite dagli esperti sia stato pienamente implementato.
(photo credits: Malta Police Force + Facebook)
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