Scandalo sussidi d’invalidità: ventidue testimoni parlano e indicano l’ex deputato Silvio Grixti

È tornato in aula il processo relativo al racket dei falsi certificati di invalidità che ha visto centinaia di “finti” invalidi beneficiare per anni di immeritati sussidi attraverso un sistema illecito. Tra gli imputati, l’ex deputato laburista e medico di famiglia Silvio Grixti, Luke Saliba, Manuel Spagnol, Roger Agius e Dustin Caruana, accusati riciclaggio di denaro, frode e associazione a delinquere.

Secondo quanto emerso in tribunale, ventidue delle settantadue persone interrogate dalla polizia sul caso hanno indicato Grixti come figura centrale nello schema. Anche il coimputato Saliba è stato nominato da tre testimoni, mentre la maggior parte di loro ha scelto il silenzio.

Il presunto racket, che secondo le accuse sarebbe andato avanti per anni, prevedeva la produzione di documenti falsi e diagnosi mediche farlocche, utilizzati per ottenere certificazioni di grave disabilità così che i “furbetti” beneficiassero di sussidi mensili a vita.

Grixti, medico ed ex parlamentare laburista, è accusato di aver avuto un ruolo centrale nella frode, aiutando centinaia di persone a ottenere i documenti utili a raggirare il sistema, come confermerebbero le numerose testimonianze, tracce e documenti trovati sui suoi dispositivi nel corso delle indagini.

Il caso tornerà in aula il prossimo mese, quando il tribunale continuerà a vagliare le testimonianze e le prove relative al processo che ha già portato alla scoperta di 340 “furbetti” che avrebbero frodato lo Stato per circa 6,8 milioni di euro, di cui solo 1,9 milioni sono stati recuperati fino ad ora.

Di fatto, solo 68 “finti invalidi” avrebbero rimborsato l’intero importo ricevuto, mentre 216 pare si siano accordati per restituire le cifre e 61 casi continuano a rimanere in sospeso. Complessivamente, circa la metà, ovvero 150 persone, hanno fatto domanda per ricevere la grazia presidenziale.

Grixti e gli altri imputati si sono dichiarati non colpevoli di tutte le accuse.

(photo credits: Facebook)

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