Per contenere il virus basta lavarsi le mani, indossare una mascherina e evitare gli assembramenti. Ma sembra più semplice prendersela con le notizie, scrive Dario Morgante.
In questi ultimi giorni, in Italia, si fa un gran parlare di Malta, ma per tutti i motivi sbagliati. Giovani romani, siciliani e umbri sono tornati a casa dopo una breve vacanza per ritrovarsi positivi al Covid-19.
Il virus, che i negazionisti se ne facciano una ragione, esiste eccome: in tutto il mondo ha contagiato ad oggi 20 milioni di persone e ne ha uccise più di 700mila. Governi di tutte le latitudini (e soprattutto di tutti gli orientamenti politici) stanno facendo l’impossibile per salvare la vita dei propri cittadini mentre cercano di salvare l’economia.
Purtroppo, come ha recentemente chiosato il Premio Nobel per l’economia Stieglitz, non è una scelta: non si può decidere di salvare l’economia a scapito della salute, per il semplice motivo che, finché c’è il Covid-19, gli affari sono segnati.
Viviamo in un’economia di guerra e forse il business degli igienizzanti per le mani durerà più a lungo del previsto.
Ma torniamo a Malta: le brutte notizie si rincorrono e si presentano come una vera e propria seconda ondata, tanto che i contagiati attuali superano di numero quelli dell’aprile scorso, quando eravamo tutti chiusi in casa in parziale lockdown.
Apriti cielo: brutte notizie, cattivi affari, così on-line e sui media pullula di negazionisti in varie fasi di rifiuto.
Eppure non è difficile contrastare il virus.
Preso atto che «the show must go on» e che non possiamo passare le nostre vite in lockdown permanente, è anche vero che questa estate del 2020 non è «business as usual», come ha poco opportunamente dichiarato il premier Robert Abela (rigorosamente senza mascherina).
Non lo è perché dobbiamo lavarci spesso le mani e dobbiamo indossare una mascherina quando prendiamo un autobus o entriamo in un negozio: non sembrano le norme di una dittatura sanitaria, quanto semplici misure di buon senso.
Eppure non ne siamo stati capaci.
Malta non ne è stata capace.
Emersa baldanzosa da una prima ondata del virus che l’ha vista vittoriosa, ha pensato bene di fregarsene. Mentre il coronavirus metteva in ginocchio gli Stati Uniti, sull’arcipelago si diffondeva il mito del «poco più di un’influenza».
Mentre l’India andava in lockdown con quasi un miliardo di persone, Malta si baloccava con l’idea di far ripartire la stagione estiva.
Avidi imprenditori dell’intrattenimento decidevano che era l’estate giusta per “fregare” festaioli alle più rinomate località di Costa del Sol o Ibiza, praticamente inaccessibili.
Migliaia di giovani britannici, appena usciti da un lockdown che ha quasi travolto il NHS, si sono riversati tra Paceville e St Julian’s, in un carnaio che definire assembramento è poco.
«Vengono, stanno una settimana, poi ripartono: chi se ne frega del coronavirus», avrà pensato qualche genio (“tanto è poco più di un’influenza”).
Ora Malta si ritrova in cima alle statistiche europee per tasso di contagio. Alcuni Paesi hanno nuovamente introdotto la quarantena obbligatoria per chi torna dall’arcipelago e non sorprenderebbe che Italia e Gran Bretagna seguano presto.
In questo bel quadro la voce che si sente è quella dei negazionisti, del «virus che non esiste», dei meglio geni del bigoncio, che loro hanno capito quello che premi Nobel, Oms, e tutti gli Stati del mondo non hanno capito. E questi geni li abbiamo tutti qua a Malta.
Bastava lavarsi le mani: non essendo riusciti a farlo ora bisogna prendersela con le notizie, perché sembra sia più semplice che mettersi una mascherina.