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Truffa del contachilometri: per gli esperti è impossibile capire chi abbia manomesso i computer di bordo

Ad affermarlo è un team di informatici incaricati di analizzare i dispositivi utilizzati per il raggiro e i veicoli coinvolti

di Federico Valletta
18 Aprile 2024
in Giudiziaria
Tempo di lettura:2 mins read
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Si complica il caso sulle auto importate a Malta dal Giappone e vendute con un chilometraggio inferiore a quello reale, che vede tre persone imputate per frode, associazione a delinquere e riciclaggio di denaro: Alexander Spiteri, Roderick e Alison Vella, proprietari di due distinte concessionarie e tutti dichiaratisi non colpevoli. Secondo quanto emerso in tribunale, non sarebbe infatti stato possibile determinare con certezza quando e dove siano stati manomessi i contachilometri delle vetture, e soprattutto da chi. 

A dirlo è stato un esperto di informatica forense che ha esaminato alcune delle auto nipponiche oggetto dell’inchiesta, arrivando alla conclusione che i dispositivi utilizzati dai truffatori per alterare i dati delle vetture sono troppo comuni per riuscire a collegarli a persone specifiche. In sostanza, quasi chiunque potrebbe utilizzare quei sistemi, senza inserire impronte digitali, password o codici identificativi.  

L’esperto informatico ha dovuto svolgere un lavoro enorme, fatto di estrazione di dati, analisi dei dispositivi utilizzati per la truffa e verifica dei computer di bordo dei veicoli, raccogliendo le testimonianze utili alle indagini per trarre più conclusioni possibili. Questo processo ha visto la collaborazione di altri due professionisti del settore che hanno analizzato anche dodici cellulari, 81 chiavette usb, otto computer e numerosi hard disk.  

Ebbene, il rapporto finale ha confermato che moltissimi veicoli sono stati manomessi, alcuni “schilometrati” addirittura di 100.000 chilometri, una buona fetta della “vita” di un motore. Inoltre, i dispositivi usati per la frode sono gli stessi che si trovano in qualsiasi officina, utili alla diagnostica tramite la centralina elettronica del mezzo. Non si può quindi escludere che oltre ad aver scalato i chilometri, gli imputati abbiano anche occultato dai computer di bordo altri difetti, spegnendo le spie di segnalazione dei cruscotti. Al tempo stesso, però, gli esperti non possono escludere che quei dispositivi siano stati utilizzati per scopi leciti, cosa che complica di molto le cose. Non potendo provare quando siano stati commessi gli illeciti e che quei dispositivi siano stati effettivamente utilizzati per la frode, provare la colpevolezza degli imputati potrebbe risultare molto difficile.  

A incastrare i commercianti potrebbero però essere alcuni acquirenti vittime della presunta truffa. Uno di questi ha infatti dichiarato in aula di aver acquistato un veicolo con 48.510 chilometri, scoprendo poi grazie al sito internet del JEVIC (il certificato pre-esportazione emesso dalle autorità giapponesi) l’effettiva distanza percorsa dal mezzo: oltre 180.000 chilometri. L’uomo successivamente ha trovato un accordo con il concessionario per un risarcimento di 1.500 euro e la rinuncia a intraprendere qualsiasi azione legale. Un accordo che però non gli ha impedito di testimoniare in tribunale.  

I concessionari coinvolti nel processo sono “Rokku Auto Dealer”, di proprietà di Roderick e Alison Vella, e “Alexander Auto Dealer”, gestito da Alexander Spiteri. Tra le altre cose, l’anno scorso le indagini avevano portato anche alla sospensione precauzionale di quattro agenti di polizia, i cui motivi non sono però mai stati resi noti.

 

Tags: Alexander SpiteriAlison VellaPoliziaRoderick VellaRokku Auto DealerTribunaletruffa contachilometri
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