Si chiude in Corte di Cassazione la vicenda giudiziaria dei sei cittadini maltesi fermati lo scorso aprile a Pozzallo mentre cercavano di raggiungere l’arcipelago con un ingente quantitativo di carne di cinghiale cacciato fuori stagione venatoria. La Suprema Corte ha confermato integralmente le decisioni del Tribunale di Ragusa, respingendo le obiezioni difensive e rendendo definitive le multe da 3.000 euro ciascuno.
Gli imputati — Dylan Falzon, 29 anni, Richard Cilia, 61, Carmel Aquilina, 61, David Falzon, 36, David Joseph Catania, 32, e Jason Mark Agius, 56 — erano stati fermati l’8 aprile dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli al porto di Pozzallo in attesa di salire sul catamarano diretto a Malta. Durante l’ispezione dei veicoli, gli agenti avevano trovato 500 chili di carne di cinghiale, suddivisa in 79 buste sigillate, dieci fucili da caccia, oltre 300 cartucce e 31 bossoli.
Secondo l’accusa, il gruppo avrebbe partecipato a una battuta di caccia nella provincia di Messina all’interno dei terreni di un’azienda faunistico-venatoria, in un periodo non consentito per legge. La Procura aveva immediatamente disposto il sequestro della carne e del materiale rinvenuto, provvedimento poi confermato dal Tribunale di Ragusa a maggio.
I sei cacciatori avevano fatto ricorso sostenendo, tra le altre cose, che la zona in cui si erano mossi consentisse attività di addestramento cani e competizioni tutto l’anno, e che alcuni effetti della normativa avessero esteso la validità della concessione venatoria. Tesi giudicate «inammissibili» o «manifestamente infondate» dalla Corte Suprema, che ha respinto il ricorso su tutta la linea, confermando dunque le multe da 3.000 euro per ciascun imputato e il pagamento delle spese processuali.
(photo credits: Guardia di Finanza)
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