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Processo a padre Luke Seguna: la “truffa” dei 148mila euro spesi sui siti porno e assegni scritti in numeri romani

di Redazione
11 Ottobre 2022
in Giudiziaria
Tempo di lettura:2 mins read
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Torna in aula il processo a Luke Seguna, l’ormai ex parroco di Marsaxlokk, accusato di frode, appropriazione indebita e riciclaggio di denaro.

Nell’udienza di lunedì 10 ottobre, sono emersi ulteriori dettagli relativi all’arresto del prete avvenuto due mesi fa, frutto di un’indagine partita lo scorso marzo, dopo che la polizia aveva ricevuto una segnalazione su sospetti movimenti bancari attraverso i numerosi conti correnti di Seguna.

Nel corso del fermo, messo in atto dagli ufficiali della squadra antiriciclaggio, in sinergia con l’unità per la criminalità informatica e gli agenti dell’Ufficio per il recupero dei beni, oltre a cellulare e computer personale, sono inoltre stati posti sotto sequestro diversi oggetti di valore dall’abitazione del prete, come orologi, vestiti firmati e gioielli, oltre a un libretto degli assegni utilizzato per numerosi acquisti. Perquisiti anche il garage, la Land Rover e l’ufficio parrocchiale.

Secondo quanto riportato dai media locali, in aula, un testimone dell’unità antiriciclaggio sarebbe tornato a parlare dei soldi trasferiti dalle carte di credito HSBC, Revolut e Master Card di Seguna ad alcuni siti web che offrono spettacoli pornografici dal vivo, per l’esattezza 148.538 euro. Una cifra talmente alta e sospetta che aveva spinto la HSBC a contattare l’uomo di chiesa, convinta si trattasse di una truffa. Il prete avrebbe però confermato di essere a conoscenza dei pagamenti, invitando le forze dell’ordine ad analizzare chi aveva accesso, oltre a lui, alle sue carte di credito.

Sotto analisi anche il reddito dichiarato del sacerdote dal 2016 al 2021, che avrebbe raggiunto un totale di ben 487.511 euro, duecentomila euro dei quali depositati in contanti e centotrentamila euro tramite assegni bancari, lo stesso periodo in cui Seguna percepiva lo stipendio in qualità di parroco di Marsaxlokk.

Le autorità hanno inoltre fatto emergere una singolarità: oltre ad alcune irregolarità nelle firme, sugli assegni emessi, padre Seguna avrebbe infatti scritto le date in numeri romani, così come altre due persone avrebbero fatto con altri assegni di cui avrebbe beneficiato lo stesso prete, siglati da due individui che portano il cognome di Caruana e Attard.

Lo stesso Caruana che, all’epoca dei fatti, secondo le cartelle cliniche a disposizione degli inquirenti, sarebbe stato affetto da demenza, deceduto poi lo scorso anno. In tribunale i legali difensori dell’imputato hanno sottolineato che l’anziano aveva fatto richiesta di lasciare tutto il suo patrimonio alla chiesa e alle associazioni di volontariato. Un dato che l’ispettore di polizia ha dichiarato di non conoscere.

Una posizione complessa, quella di padre Seguna, che oltre a non aver chiarito del tutto i dettagli su alcune donazioni ricevute, le spese effettuate, e i numerosi conti correnti aperti in diversi istituti di credito, in aula avrebbe inoltre giustificato il calo delle entrate alla parrocchia dando la colpa ai progetti portati avanti dal parroco che lo ha preceduto, oltre alla pandemia e a tutto ciò che ne è derivato. Affermazioni che però striderebbero con le prove raccolte dalla polizia, che avrebbero dimostrato come gli ammanchi nelle casse del Clero fossero iniziati già nel 2017, con Seguna alla guida della parrocchia, anni prima dell’arrivo del Covid. In aula è emerso inoltre che l’importo degli assegni trasferiti dal conto corrente parrocchiale a quello personale del prete ha raggiunto la somma di 15.821 euro.

Il tribunale ha fissato la prossima udienza per lunedì 24 ottobre.

Tags: chiesafrodeLuke SegunaMarsaxlokkpadre segunariciclaggio di denaro
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